Roma e Gerusalemme by Pier Francesco Fumagalli

Roma e Gerusalemme by Pier Francesco Fumagalli

autore:Pier Francesco Fumagalli [Pier Francesco Fumagalli]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La calunnia dell’infanticidio

A partire dal medioevo si moltiplicano accuse di infanticidio e violenze su bambini, interpretate nel contesto della polemica antigiudaica e della calunnia di assassinio rituale: in Francia (Richard de Pontoise, 1182), Spagna (Domenico del Val nel 1250; Santo Bambino Cristoforo de la Guardia, 1490-91), Germania e Italia (Simonino di Trento, 1475). In Polonia-Lituania, il primo processo per omicidio rituale è quello di Rawa nel 1547; nei secoli seguenti, con l’aumento degli insediamenti ebraici in Europa orientale, troviamo l’accusa moltiplicarsi in centinaia di episodi, estesa anche all’impero degli zar, dove un primo caso si registra a Senno presso Vitebsk nel 1799. L’area russa fu quella nella quale i processi per assassinio rituale divennero particolarmente frequenti nel secolo XIX.

Il progresso del pensiero moderno in Europa occidentale parve portare con sé qualche contributo alla eliminazione di un pregiu­dizio ormai divenuto secolare: Ugo Grozio, olandese protestante padre della dottrina giusnaturalista nonché acuto conoscitore della tradi­zione ebraica, della quale si occupò nel 1615 scrivendo un Rapporto sulla legislazione riguardante gli ebrei, concludeva la sua riflessione ritenendo che si trattasse di false accuse generate dall’odio antiebraico. Anche l’illuminato cardinale Lorenzo Ganganelli – più tardi papa Clemente XIV – condusse nel 1758 un’inchiesta accurata, conclusa con la piena assoluzione degli ebrei. Ganganelli scagionò gli ebrei della Polonia-Lituania dalle accuse sollevate contro di loro dai vescovi polacchi; le sue argomentazioni facevano riferimento alla costante tradizione della Chiesa, da Callisto II a Innocenzo III e Innocenzo IV, citando i Padri della Chiesa Agostino e Bernardo. D’altra parte l’atteggiamento dei pontefici rimaneva pericolosamente contraddittorio, se ricordiamo che pochi anni prima, nel 1755, Bene­detto XIV nella bolla Beatus Andreas aveva avallato le precedenti accuse antiebraiche di omicidio rituale, e aveva così fornito un documento che sarà citato a sostegno di questo presunto crimine.

La radice di quest’accusa iniqua era così profonda, che rispuntò nuovamente, non appena il terreno presentò condizioni favorevoli all’antigiudaismo, come accadde nel caso ungherese di Tisza Eszlar, prontamente ripreso da «La Civiltà cattolica» negli anni 1883-1884. Durante gli anni Trenta del Novecento, infine, l’antisemitismo nazista, abile nel servirsi di qualunque materiale offertogli dall’antiebraismo cristiano, rielaborò il medesimo stereotipo nella sua propaganda antiebraica; questa miscela di pregiudizi continuerà a circolare anche dopo la Shoà, come vedremo, dando il pretesto al pogrom di Kielce. In ambiente islamico l’attribuzione agli ebrei di questa e altre infamie è attualmente mantenuta viva con le traduzioni in arabo dei Protocolli dei Savi anziani di Sion.



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